Pubblicità sui social: perché è fondamentale

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Giacomo Cellini
Mi occupo di Web Marketing dal 2011. Sin da subito mi sono appassionato al web e alla rivoluzione sociale che ha creato. Benvenuto nel mio blog!
Indice dell'articolo

Sempre più spesso si sente dire che è obbligatorio fare campagne sponsorizzate sui social perché la visibilità organica è molto bassa, quasi inesistente.

E’ vero? O sono bufale create ad arte per vendere pubblicità?

Partiamo dalla fine e poi spieghiamo le motivazioni. Quando facciamo social media marketing per delle aziende o professionisti siamo di fronte ad un bivio:

  • fare campagne sponsorizzate (advertising) per fare vedere i nostri contenuti o annunci alle persone potenzialmente interessate,
  • pubblicare gratuitamente contenuti che non vedrà nessuno!

La differenza è tutta qui. Se si decide di scegliere la seconda strada, è meglio abbandonare il social di turno e chiudere l’account, perché continuare a produrre contenuti per nessuno è sprecare veramente soldi e tempo.

I social media sono in fondo dei paid media come la TV, i giornali e la radio.

Advertising vs pubblicazione organica

In pratica l’algoritmo di tutti i social funziona così: se pubblichiamo un contenuto gratuito (organico) da una pagina/account aziendale lo vedrà solo il 3-4-10-15% dei follower (persone che hanno messo mi piace alla tua pagina).

Insomma se pubblichiamo un post nella nostra pagina Facebook con 2000 fans (followers), verrà visto da soltanto 60/80 persone. Di queste il 99% sarà nostro fan!

Solo se la tua vendita è ricorrente potrebbe avere senso mantenere una pubblicazione organica.

Ma se i clienti li perdi dopo aver concluso la vendita, perché il tuo prodotto non può essere riacquistato nel breve periodo, allora non hai alcuna possibilità, se non quella di fare advertising.

Nessuno e ripeto nessuno verrà a cercare la tua pagina social per vedere quello che comunichi, ma dovrai essere tu a proporti.

Solo facendo campagne pubblicitarie farai vedere i tuoi contenuti alle persone che non seguono la tua pagina o il tuo canale.

Insomma, se non fai campagne di advertising sui social, tanto vale cancellarsi e dedicarsi ad altre attività di marketing.

Ma come siamo arrivati a tutto questo?

Solo 7/8 anni fa bastava pubblicare un post con un’offerta e arrivavano like, commenti e richieste. Oggi questo mondo è cambiato.

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La Parabola dei Social Media

Il concetto della parabola dei social media è una mia idea, nasce da un’attenta analisi degli avvenimenti dell’ultimo decennio che ha visto nascere, crescere, prosperare e morire tanti social network.

Inizialmente il social viene creato solo per utenti ed è gratuito, poi quando esplode come numeri diventa appetibile alle aziende.

A questo punto l’azienda che lo gestisce decide di monetizzarlo introduce la piattaforma di advertising e riduce man mano la visibilità agli account business delle aziende.

Queste sono obbligate ad investire danaro, oppure devono migrare su nuovi social emergenti, con tutte le incognite del caso.

Ecco il percorso in tutte le sue fasi.

Lancio

La maggior parte dei social media viene lanciato da un piccolo gruppo di persone, senza budget né finanziatori. Il progetto parte da un’idea specifica e poi si evolve.

All’inizio è gratuito e come obiettivo ha quello di soddisfare i bisogni degli utenti e non è aperto alle aziende. Non sono previste pubblicità o versione premium.

A questo punto, se il progetto soddisfa appieno dei bisogni di noi utenti, inizia a scalare le classifiche. I contenuti (post, foto e/o video) pubblicati hanno tantissima visibilità a livello organico.

Esplosione sul mercato

Poi semplicemente il social esplode sul mercato ed entrano fondi e finanziatori terzi. Il progetto si sviluppa e si struttura grazie a questo tipo di investimenti. Scala le classifiche e conquista sempre maggiori mercati.

Rimane gratuito e le prime aziende/brand creano un account perché è figo esserci.

Anche il social si struttura, infatti, crea un consiglio di amministrazione e il fondatore diventa il CEO. I contenuti hanno ancora tanta visibilità a livello organico.

Monetizzazione

L’azienda che ha lanciato il social non è una noprofit e quindi il suo CDA decide che è giunta l’ora di monetizzarlo.

Quindi si introducono modifiche all’algoritmo che riducono la portata organica degli account aziendali (business) e si attivano strumenti di advertising. Rimane invariata la portata organica degli account privati.

Il social continua a crescere come numero utenti/aziende e come paesi.

Consolidamento

La portata organica degli account delle aziende si riduce ancora, di continuo, anno dopo anno sempre di più. Aumentano i competitor nell’adv e quindi iniziano a crescere i costi.

L’azienda che gestisce il social diventa una holding e ogni anno crea un restyling del prodotto e inserisce nuove funzionalità con l’obiettivo di aumentare la fidelizzazione dei utenti.

Crescono utenti e i paesi dove viene utilizzato, anche se ad un ritmo più ridotto. Escono i primi competitor che provano a scalzare il trono al social.

Conclusioni

Ecco raccontata la storia di Facebook, che poi è la storia di Instagram, LinkedIn e di tanti altri social che hanno raggiunto il successo.

La maggior parte è morta sul nascere, mentre altri sono stati acquisiti e smembrati dalle Big Tech.

Gli account social non sono una nostra proprietà, noi possiamo solo utilizzarli se rispettiamo certi standard imposti dalla loro policy aziendale.

I Social Network non sono non-profit, mettono sul mercato un servizio e siamo noi a decidere se quell’offerta vale.

Alla fine il social vende i nostri dati, i nostri interessi e la nostra attenzione. E siamo noi utenti ad affidarglieli. Ma questa è un’altra storia.

Se stai valutando se uscire dai social o iniziare a fare advertising, contattami per una consulenza gratuita.

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